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Social Media
Un tweet dal valore di 230 mila euro? Come cambia la comunicazione

Un tweet dal valore di 230 mila euro? Come cambia la comunicazione

22 settembre 2015Un tweet dal valore di 230 mila euro? Come cambia la comunicazione

Sempre più spesso si sente parlare di influencer marketing come forma di marketing orientata a un gruppo di persone specifico piuttosto che al mercato di riferimento in generale. E' un approccio strategico che generalmente e in parte erroneamente viene associato a un risparmio in termini di investimenti necessari per ottenere risultati analoghi rispetto alle tecniche tradizionali. E' di queste ore la notizia che un tweet di Cristiano Ronaldo è stato pagato dalla Nike 230.000 Euro.

Autori delle immagini utilizzate per l'articolo: Jan S0L0 - Tumblr e Walter Lim - TumblrLicenza: Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

Nel pianificare una campagna, l'approccio tradizionale porta a ragionare in termini di ATL e BTL, rispettivamente Above The Line e Below The Line, sopra e sotto la linea.

Nella prima categoria ricadrebbero TV, radio, giornali e riviste mentre nella seconda le attività porta a porta, gli eventi, le email ecc...

In sintesi la distinzione tra elementi su cui fare leva per promuovere un marchio in ATL e BTL deriva dal fatto che il secondo gruppo riguarda prevalentemente una nicchia di utenti e quindi sotto la linea nei conti finiscono quell'insieme di attività meno rilevanti dal punto di vista degli investimenti.

La notizia di queste ore è che per il seguente tweet, e ringrazio Paolo Spada per questo post su Facebook che mi ha ispirato, l'idolo calcistico Cristiano Ronaldo è stato pagato dalla Nike 230.000 euro.

Dove collocare quindi Twitter rispetto a ATL e BTL? E dove Facebook e Linkedin? E' possibile raggrupparli tutti in un'unica categoria Social Media e considerarli ATL, viste le cifre che oggi muovono? Eppure Facebook e LinkedIn, per citarne due, sono molto differenti tra loro e se inseriamo nel discorso Pinterest, Instagram, Tumblr e YouTube il discorso si complica di molto. L'unica cosa da fare è cambiare approccio.

Ed ecco che arriviamo al punto: dobbiamo definitivamente correggere il tiro e spostarci su Owned, Earned e Paid Media.

La figura sopra mostra con chiarezza come raggruppare l'insieme degli elementi che compongono la comunicazione all'interno di Owned, Earned e Paid Media. Lasciamo alla figura quindi la catalogazione e occupiamoci solo di definire le terminologie utilizzate.

  • Owned Media: i media di mia proprietà
  • Paid Media: i media nei quali ho pagato per ritagliarmi uno spazio
  • Earned Media: i media nei quali lo spazio me lo sono guadagnato in qualche modo

Può sorgere il dubbio a questo punto, osservando la figura, che gli elementi rappresentati corrispondano esclusivamente a quello che definiamo online. Occorre sottolineare però che un altro approccio da superare è proprio quello di considerare ancora online e offline come due cose distinte.

Facciamo un esempio: apre a Milano un nuovo negozio di abbigliamento. I clienti possono personalizzare e acquistare il proprio modello di scarpe preferito attraverso il sito web del negozio (online); possono poi recarsi al negozio (offline) per ritirare il prodotto e una volta all'interno, attraverso un App (online) visualizzare una mappa interattiva della struttura con delle promozioni realizzate su misura per loro e i punti in cui dirigersi per beneficiarne (offline). Trovano quindi una giacca di loro gradimento (offline) e la acquistano tramite l'App (online). Procedono al ritiro dei due prodotti alla cassa del negozio (offline).

Immaginiamo ora di dover realizzare una strategia di successo sulla base delle interazioni elencate in questo esempio, considerando online e offline due entità separate. Il punto non è che tecnicamente le due cose coincidano ma: nel pensare a un'idea da realizzare e al come farlo, occorre rimuovere dal ragionamento la separazione tra esse.

Una volta inquadrati questi punti, scardinata la barriera che separa online e offline e rivisto il modo di pensare agli elementi che costituiscono una strategia di comunicazione -Owned, Earned e Paid Media- concentriamoci sul tema al centro di questo articolo: l'influence in rete.

Un influencer, è colui che nel farsi un taglio di capelli mai visto fa sì che il giorno dopo, decine se non centinaia di migliaia di persone seguano il suo esempio. Oppure, colui che, affermando pubblicamente che l'Italia è in netta ripresa, fa sì che il giorno dopo le azioni collegate all'Italia abbiano un picco positivo. O ancora, colui che se indica in un determinato modello di smartphone o un particolare device la soluzione a molti problemi, incrementa esponenzialmente le vendite.

Perché quindi oggi il concetto di influencer è completamente o quasi collegato al mondo dei Social Media?

Ci spostiamo verso lo studio delle relazioni. I Social Media sono un mezzo che nel tempo è risultato particolarmente valido per la creazione, il mantenimento e l'accrescimento delle reti sociali (o Social Networks). Ognuno di noi, tranne gli eremiti che non leggono quindi questo articolo in quanto tali, appartiene a una o più reti sociali. Una rete sociale è quella della nostra famiglia; che a sua volta può essere suddivisa in sotto-reti. Un'altra rete sociale è quella del lavoro; un'altra quella dell'attività sportiva che svolgiamo e così via. Noi siamo, ipotizzando di essere fan di Roger Federer, l'elemento di contatto tra la rete sociale della nostra famiglia e dei nostri amici e quella dei fan del famoso tennista. Tecnicamente siamo l'elemento Pivot tra queste reti.

Se clicchiamo Like in Facebook su un post riguardante Federer, colleghiamo potenzialmente quel post ai nostri amici e alla nostra famiglia. In quel post, in cui accede normalmente la rete sociale dei fan di Federer, accedono anche molte persone delle varie reti sociali (amici, famiglia) di tutti i fan di Federer che hanno avuto un'interazione con quel particolare post

Nei Social Media, più o meno tutti, vi sono generalmente tre tipologie di interazione da parte degli utenti: l'apprezzamento, il commento e la condivisione di un particolare contenuto. L'insieme di queste tre cose, e può essere rappresentato come la somma rapportata a un determinato periodo temporale, corrisponde al cosiddetto tasso coinvolgimento (o engagement).

L'influencer è quindi colui che mette in relazione molte reti sociali potenzialmente interessate a un determinato tema o un particolare prodotto.

Per concludere, è evidente che il numero delle aziende che adotteranno strategie di marketing legate al mondo degli influencer crescerà sempre di più nel tempo, così come l'entità degli investimenti a queste collegati; quindi, l'unica cosa certa al momento, e torniamo al titolo dell'articolo, è che non sarà più possibile dire in maniera assoluta, che l'influence marketing fa risparmiare; o almeno, non a prescindere.

Autori delle immagini utilizzate per l'articolo: Jan S0L0 - Tumblr e Walter Lim - TumblrLicenza: Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

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