La persona
Nel 2019, Jon Friedman era già una figura chiave in Microsoft. Vicepresidente aziendale per il design e la ricerca, stava guidando un nuovo approccio aperto al design, con l'obiettivo di far percepire hardware e software come un’esperienza unificata, coerente, proveniente da un’unica realtà. Quel lavoro si sarebbe poi rivelato un successo in divenire. Oggi, però, anche per lui come per molti altri in Microsoft, l'attenzione si è spostata verso un tema dominante: l’intelligenza artificiale.
Un cambiamento radicale
La settimana precedente all'annuncio della nuova app Microsoft 365 Copilot, Friedman aveva raccontato come l’IA stesse modificando profondamente il modo in cui designer e creativi operano. A suo dire, il cambiamento è radicale, tanto quanto le opportunità che ne derivano. Il lavoro – in Microsoft come nel resto del settore – si sta trasformando velocemente, spinto dal desiderio di rendere l’informatica più umana, più adattabile alle esigenze delle persone. E i margini di azione si sono rivelati ampi, con risultati raggiunti in tempi sorprendentemente rapidi.
Anche il suo ruolo personale è cambiato. Se prima si occupava principalmente dell’aspetto estetico e funzionale dei prodotti, oggi si ritrova coinvolto anche nella gestione dei contenuti. Il design è diventato una forma di editing continuo. Negli ultimi mesi, Friedman ha assunto un ruolo simile a quello di un caporedattore di prodotto, non più soltanto un direttore del design.
Nel processo di creazione di app basate sull’IA o di agenti intelligenti personalizzati, Microsoft ha dovuto ripensare completamente i propri sistemi di progettazione, adattandoli a nuove sfide e a strumenti in continua evoluzione. Dalle app Adobe a Figma, le funzionalità basate sull’IA stanno diventando parte integrante degli strumenti creativi. I designer si stanno così muovendo verso una nuova era, dove la creazione parte spesso da un’idea generata o trasformata dall’IA, piuttosto che costruita da zero.
Le reazioni
Com’era prevedibile, l’irruzione dell’IA generativa ha suscitato reazioni contrastanti. In pubblicità, film, videogiochi e altri settori creativi, l’uso dell’intelligenza artificiale ha provocato un’ondata di timori e rifiuti. Se in passato era evidente quando un contenuto veniva creato con l’IA, oggi la qualità è tale che distinguere tra “umano” e “artificiale” sta diventando sempre più difficile.
Fin dal 2022, il team di visual design di Microsoft ha iniziato a sperimentare strumenti di IA generativa all’interno dei propri processi creativi. Un esempio recente è la realizzazione di uno spot pubblicitario per i dispositivi Surface, in cui immagini fisse riprese dall’alto sono state animate grazie all’utilizzo di strumenti come Hailuo e Kling. Ne è nato un video di 55 secondi, pubblicato su YouTube, in cui nessuno degli spettatori ha notato l’uso dell’intelligenza artificiale. Microsoft ha spiegato di aver scelto questa via per rispettare una scadenza molto stretta, con risorse e budget limitati.
Per Friedman, esperienze come questa non sono eccezioni, ma segnali di una tendenza che andrà consolidandosi. L’intelligenza artificiale – secondo lui – diventerà uno strumento quotidiano per creativi e designer, un alleato e non un sostituto. Lo dimostra anche il suo uso personale dell’IA: ha utilizzato DALL-E per illustrare un libro scritto per il figlio, dedicato alla gestione dell’ansia nei bambini, e si è servito di diversi strumenti per modificare video e costruire un sito web.
La creatività
Per lui, il valore dell’essere un "maker" creativo non risiede solo nelle competenze tecniche, ma nella capacità di immaginare e dare forma alle idee. A volte ama mettersi a spostare pixel con precisione, altre volte preferisce focalizzarsi sulla visione generale. Secondo la sua visione, le discipline tecniche e creative finiranno per fondersi, e le competenze trasversali saranno la chiave. In futuro, crede, ogni ingegnere avrà il proprio designer basato su IA, e ogni designer il proprio ingegnere intelligente.
Anche chi scrive – osservatore e sperimentatore delle nuove tecnologie – ha provato vari strumenti di IA negli ultimi mesi. Pur non utilizzandoli per scrivere articoli, in quanto attività già ben padroneggiata, li ha trovati utili nelle fasi iniziali di presentazioni o progetti, e per modificare contenuti multimediali. Ma come molti, si interroga sul significato più profondo dell’uso dell’intelligenza artificiale: il senso di colpa, il dubbio etico, la preoccupazione per il futuro del proprio mestiere sono sentimenti diffusi.
Del resto, il cambiamento non è nuovo. Già in passato, la digitalizzazione ha rivoluzionato intere carriere, come accadde con la stampa: o si imparavano i nuovi strumenti, come Photoshop, oppure si restava tagliati fuori. Oggi accade qualcosa di simile, con l’IA come motore del cambiamento.
Friedman è consapevole di queste paure. Ritiene che la resistenza iniziale sia naturale, legata alla paura di perdere valore, ruolo o identità. Ma, superata questa fase, l’intelligenza artificiale può diventare un elemento abilitante, uno strumento in più nella cassetta degli attrezzi creativa, capace di liberare tempo ed energia per ciò che si ama davvero fare.
Secondo lui, l’IA ha già potenziato la sua creatività. Ma intanto Microsoft guarda ancora più avanti, immaginando un mondo popolato da “colleghi digitali”: agenti intelligenti e autonomi che affiancheranno gli esseri umani nei processi quotidiani. Il confine tra IA come strumento e IA come sostituto è sempre più sottile. E per molti, la vera domanda è ancora senza risposta: cosa ci aspetta, davvero, nel prossimo futuro?